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Percorso del Romanico astigiano

Abbazia di Vezzolano
..Dell'abbazia di Santa Maria di Vezzolano, il più famoso monumento romanico astigiano, si conosce una sola data certa: il 1095, anno cui si riferisce il primo documento ufficiale che menziona la prepositura di Vezzolano. Come dire che nel 1995, il magnifico complesso abbaziale ha festeggiato i novecento anni, se non di vita (la fondazione della chiesa deve essere anteriore), quantomeno della sua presenza anagrafica e documentata. Le origini della costruzione si perdono fra ipotesi storiografiche e leggende popolari. E' un'ipotesi accreditata, per esempio, che la chiesa sia nata come cappella privata di un castello poi distrutto; oppure che esistesse già, in forme e dimensioni diverse, nell'VIII secolo. E' leggenda, ma di quelle suggestive e difficili da eludere, l'attribuzione della sua nascita alla volontà imperiale di Carlo Magno. Si narra infatti che questi, cacciando nei boschi presso Albugnano e assaporando la recente vittoria sui longobardi Desiderio e Adelchi, nel 1774, fu colto da un'orribile quanto importuna visione: la danza macabra di scheletri umani, spaventosa causa dell'imperiale epilessia. Guarito per intercessione della madonna, Carlo Mango avrebbe disposto l'edificazione dell'abbazia. Altra data certa è il 1159, anno in cui Fedrico Barbarossa la prese sotto la sua protezione, tanto è vero che, sul finire del secolo, Vezzolano diventò una delle più ricche e celebri prepositure. Nel XIV secolo cominciò il declino, l'abbazia fu abbandonata dai canonici agostiniani intorno al '600, soppressa nel 1787, dichiarata bene nazionale nel 1800 dal governo francese. Nella sua storia più recente figurano una dichiarazione di pubblica utilità, una messa all'asta, il passaggio di proprietà dell'edificio, e della terra pertinente, all'Accademia dell'Agricoltura e, in ultimo, nel 1937, la sua cessione definitiva allo Stato. Tutte queste pagine di storia e leggenda non sono riuscite comunque mai ad intaccare l'imperturbabile silenzio e raccoglimento della chiesa. Che, tuttora, ha uno dei suoi motivi di fascino nello splendido isolamento che la connota, là, al declino dolce di una valle, seminascosta da colline e prati, in una quiete bucolica sospesa, raggiungibile al termine di una strada che pigramente la costeggia e consente di apprezzarla prima dall'alto nell'armonia della sua distesa di coppi e del complesso absidale, quindi nell'eleganza del campanile collocato sul lato sinistro, come vuole il romanico, e, infine, nell'impostazione di tempio monumentale della facciata. Premesso che il complesso abbaziale, proprio per la sua straordinaria rilevanza artistica, è difficilmente ammirabile sgombro da ponteggi e cantieri di restauro, va detto che Vezzolano è bellissima. La facciata romanico-lombarda, costruita in cotto e in arenaria, è ravvivata da tre ordini di loggette cieche. Sul portale strombato c'è un bassorilievo di pietra dolce a lunetta, rappresentante la vergine in trono con la colomba dello spirito santo, l'arcangelo Gabriele e un devoto. A sinistra un'altro bassorielievo raffigura Sant'Ambrogio. La facciata è decorata da capitelli e statue: il redentore con Michele e Raffaele, quindi due serafini o cherubini e piatti in terracotta decorata, o parete, simbolo dell'ospitalità; romanico è il semplice campanile, tranne l'ordine superiore; le fiancate e le absidi, decorati da cornici e archetti pensili, sono nella loro antica dissimetria un tutto molto armonico. L'interno è in forme gotiche precoci di derivazione francese. A pochi passi dal portale si ammira uno degli elementi di massimo interesse dell'edificio: il nartece (altrove anche detto jubé alla francese), o ambone, che attraversa tutta la navata maggiore. E' una specie di porticato, poggiante su cinque arcate sorrette da colonne con capitelli a foglie e a gemme, sul quale si distende un bassorilievo a due fasce che racconta i trentacinque patriarchi antenati alla Vergine. Il colore è azzurrognolo, sembra dipinto con smalti, invece è di calcare lucido. Ai piedi del bassorilievo, a caratteri incerti, si legge che l'opera fu compiuta "regnando Federico Barbarossa, l'anno 1189". Sono molte le interpretazioni sulle finalità del nartece: la più accreditata fa riferimento alla liturgia antica di separare, in chiesa, i battezzati dai catecumeni; un'altra propone la necessità della divisione, persino nei luoghi di culto, fra nobili e popolani, Sovrasta l'altare un trittico quattrocentesco realizzato in terracotta policroma. Rappresenta la vergine col bambino; a destra Sant'Agostino, a sinistra una figura barbuta accompagna un devoto inginocchiato in abiti regali (ancora la leggenda ama riconoscere in tale figura Carlo Magno, mentre studi più recenti propendono per Carlo VIII re di Francia). Dalla chiesa, attraverso una minuscula porta, si accede al chiostro, un angolo di silenzio conservato nei secoli, simbolo dell'antica pace cenobitica. Spiccano bellissimi capitelli variamente scolpiti con fregi sia classici sia complessi, come quelli recanti scene dell'annunciazione, della visitazione della vergine, della nascita del redentore. C'è la rappresentazione di un uomo che dorme e di un altro che scrive: per taluni è la raffigurazione del sogno di San Giuseppe.
Nel porticato del chiostro, lato nord, campeggia il più importante affresco di Vezzolano, una delle più note pitture del Piemonte antico, datata XIV secolo. La raffigurazione è divisa in quattro parti: dall'alto il redentore con gli emblemi degli evangelisti; Betlemme con la sacra famiglia ed i magi adoranti.
sotto, in posizione centrale, c'è la sezione più affascinante dell'affresco: da un sepolcro scoperchiato si rizzano tre scheletri, un personaggio inorridito (Carlo Magno?) sta davanti a due cavalieri esterrefatti, mentre un monaco lo invita a chiedere aiuto alla madonna. E' ancora la leggenda della fondazione imperiale di Vezzolano, o è, piuttosto la tradizionale raffigurazione del contrasto dei tre vivi e dei tre morti, oveero del medioevale trionfo della morte! Ci sono poi alrti resti di affreschi, figure di santi, guerrieri e cavalieri, simboli nobiliari ed emblemi degli evangelisti, sulle cui attribuzioni si sono cimentate più scuole di pensiero.
Lasciata la luce del chiostro, la sua solarità e gli abbagli degli affresci in parte ancora misteriosi, si entra nella foresteria, un ambiente dal ricco soffitto in legno e dalle minuscole finestre a feritoie, recentemente restaurato, dove si può ammirare la Mostra permanente del Romanico allestita dalla Sovrintendenza alle Belle Arti del Piemonte.

LA LEGGENDA DELLA BAGNA CAUDA DI ALBUGNANO
Non solo per la storia della celebre abbazia, ma anche per il non trascurabile aspetto della gastronomia locale sono fiorite ipotesi e leggende. La più originale riguarda il piatto invernale principe della cucina monferrina, la celebrata salsa bollente da gustare con verdure crude che va sotto il nome di "bagna cauda".
Sulla genesi popolare della salsa, inventata mettendo insieme i gusti più perentori della mensa contadina (aglio, olio, acciughe) con cui insaporire le superstiti e modeste verdure dell'orto innevato (cardi, finocchi, sedani, barbabietole ed altro), si può essere tutti d'accordo riconoscendo alla fantasia del popolo e alla sua arte di arrangiarsi la genesi di questo piatto umilissimo e fragrante. Ma, a Vezzolano, circola voce che la bagna cauda, preparata anzichè con l'aglio con il peperoncino piccante selvatico, sia stata servita niente meno cha a Carlo VIII di Francia, intorno al 1495, diventando, di fatto "la bagna cauda di Albugnano". A quell'epoca, il sovrano fu ospite dei Solaro di Moncucco ed è probabile che fosse ricevuto a tavola anche dai canonici di Santa Maria. Tanto più che, si dice, del re di Francia, infermo per vaiolo o per sifilide, pare si interessasse il canonico-cerusico-erborista dell'abazia, fino a guarirlo. Con che erbe? Con quali medicamenti? C'è chi azzarda con una taumaturgica bagna cauda. Sta di fatto che proprio a quegli anni risale la presenza, nel trittico sopra l'altare, dello stemma di Albugnano, scudo rosso gilgiato oro, accanto alla figura che viene interpretata come quella di Carlo VIII.
L'ipotesi graziosa è che il re, riconoscente, abbia concesso lo stemma ad Albugnano, a sua volta riconoscente, lo abbia fatto immortalato nella celebre abbazia. La bagna cauda di Vezzolano infatti, è chiamata "bagna cauda dell'amicizia", come dire che, di fronte alla "sciunfetta" e al vino buono era più agevole diventare amici: persino re e monaci, potere temporale e potere dello spirito.

Chiesa di San Lorenzo ..Di ubicazione cimiteriale, alle porte del paese, è infine San Lorenzo di Montiglio, prospiciente un alberato viale d'accesso. La facciata, deludente, è ricostruita e non degna di nota. Il romanico è altrove, nelle fiancate e nell'abside. Malgrado i vistosi interventi di manomissione perperati in occasione di ripetuti restauri, sopravvivono eleganti monofore ed archetti poggiati su mensoline, cornici decorate con motivi a doppia treccia, e si esalta il gioco cromatico dell'arenaria alternata al mattone. I capitelli interni, visibili su tre lati, sono sontuosi per le fantastiche decorazioni antropomorfe e zoomorfe. Anche qui stupiscono la fantasia e la libertà espressiva del romanico può indulgere a una piccola malinconia per quanto è andato perso o distrutto di tale patrimonio.
Infatti queste chiese immerse nel verde delle colline lasciano negli occhi l'armonia dei luoghi e nel pensiero la curiosità insoddisfatta per alcuni elementi decorativi dalla simbologia non facilmente decifrabile. E se si pensa al bellissimo interno basilicale di San Secondo, dove l'attenzione va per forza ad alcuni capitelli spogli, rozzamente squadrati, alternati ad altri di straordinaria fantasia espressiva, insieme al rammarico per i guasti inevitabili del tempo, si riflette sul fatto che ignoranza o pedanteria, forse, armarono le mani, oltre che le menti, di chi, per rimuovere decorazioni ritenute oggetto di scandalo, fece ricorso alla furia dello scalpello. Cancellando arte autentica, impoverendo un patrimonio inestimabile di fantasia e religiosità popolare.

Chiesa di San Nazario..In una terra costellata di testimonianze romaniche diffuse un po' dovunque, fra chiese, cappelle e campanili datati dal 1000 al 1200, spicca per la dovizia di presenze artistiche un "triangolo d'oro" i cui vertici sono tre paesi monferrini con altrettante chiese romaniche: Montechiaro con San Nazario, Cortazzone con San Secondo, Montiglio con San Lorenzo. I tre comuni distano pochi chilometri l'uno dall'altro, ed è possibile immergersi in quest'aura romanica scavalcando colline di notevole suggestione nell'arco di poche ore.
La sensazione che si ricava da tale itinerario artistico-culturale è quella di lasciarsi sorprendere da tre gioielli monumentali di rara bellezza, insospettati, inseriti in contesti paesaggistici sufficientemente salvaguardati, da ammirare in primo luogo come suggestivo colpo d'occhio, quindi da studiare, confrontare e ricordare per la ricchezza di particolari artistici quando più minuscoli, tanto più eccezionali.
Per la chiesa di San Nazario (la dizione esatta sarebbe dei Santi Nazario e Celso), la scenografia è quella bucolica di un colle verde di maggenghi o infuocato di grano, raggiungibile solo a piedi. L'edificio è unico ed irripetibile per le inusuali proporzioni fra la minuscola chiesa ed il contiguo campanile a base quadrata, per i cromatismi fra pietra candida e mattoni rossi che si rincorrono a fasce sulla facciata, sul campanile, nell'abside. L'interno è completamente rifatto, tranquillamente trascurabile. Fra le decorazioni esterne, motivi floreali, intrecci vegetali, archetti pensili, monofore. Sul prospetto nord è rozzamente scolpito un animale mostruoso che si morde la coda, inserito in un insieme di motivi geometrici. Bellissimo l'arco del portale della facciata, decorato con motivi a cornucopia ed intarsi policromi a dente di lupo.

Chiesa di San Secondo ..Del tutto diversa la compatta chiesa di San Secondo, solitaria sulla collina di Mongiglietto, fra vigneti e boschi, con pianta basilicale a tre navate. Tanto austera la facciata quanto sfavillante di decorazioni scultoree il prospetto sud, dove si inseguono mensoline, cornici, figure geometriche, vegetali o zoomorfe, pesci ed uccelli, financo l'incontro di un uomo con una donna occhieggiante fra archetti e cornici. È qui forse la testimonianza più ricca e veritiera di una fantasia fertile e disinibita che, parecchi secoli orsono, guidò la mano ingenua (o maliziosa!) di oscuri scalpellini, verso l'espressione artigianale ed artistica di un linguaggio religioso che unisse può essere un'interpretazione cielo e terra, Dio e gli uomini, carnalità e preghiera.
L'interno (per la visita chiedere le chiavi presso l'ultima cascina che si incontra prima della chiesa) è di rara bellezza con pilastri e colonne alternate sormontati da capitelli scolpiti, sui quali si impostano archi longitudinali a tutto sesto; le volte sono a vela. Nel semicatino dell'abside centrale campeggia un'affresco del XIV secolo, raffigurante Cristo e due santi, San Secondo e San Siro ( o San Burone, secondo un'altra interpretazione).

Alla scoperta del romanico astigiano In una provincia piena di testimonianze romaniche, in discreto, sufficiente o pessimo stato di conservazione, può essere difficile suggerire un itinerario preferenziale che consenta di cogliere il fascino e la portata di questa espressione artistica. Limitandoci al nord della provincia, alle chiese romaniche meno note e disseminate nei comuni minori del territorio, suggeriamo una visita alla chiesetta cimiteriale di San Pietro di Albugnano , con ricchissima decorazione absidale, alla pieve della Madonna delle Nevi di Castell'Alfero , con pregevole abside ed elegantissime monofore a colonnine sormontate da decorazioni a racemi; una visita meritano a Montafia la chiesa di San Martino e quella di San Giorgio a Bagnasco , caratterizzata all'interno da affreschi databili 400 e 600 raffiguranti San Giorgio e San Michele Arcangelo. E ancora da vedere sono San Lorenzo di Tigliole , recentemente restaurata, e la chiesetta di San Marziano di Viarigi , con particolarissime sculture absidali, fra le quali si individuano teste di scimmia, figure equine e teste bovine, volatili acefali, teste di lupo e teste antropomorfe.
Infine a Montemagno , merita una visita la chiesa di San Vittore , un suggestivo rudere costituito da un'abside con il relativo semicatino ed il campanile.

TRADIZIONI E FESTE POPOLARI
I piccoli comuni del Monferrato sui cui territori sono segnalati notevoli testimonianze romaniche, tutti appartenenti al bacino del Basso Monferrato, propongono secondo tradizione feste di antico sapore popolare. A Montechiaro, comune che corre il Palio equestre di Asti, si svolgono feste e cerimonie propiziatorie durante il mese di settembre. La festa patronale è ad Agosto, per carnevale distribuzione di polenta e funghi. A Cortazzone si festeggia il carnevale con distribuzione di polenta e salciccia, il patrono in Agosto. A Montiglio il carnevale si chiama "viva la gente", con sfilate di carri allegorici e gruppi mascherati. Festa patronale per San Lorenzo con spettacoli e gare sportive, asta del tartufo in autunno. Sempre il giorno di San Lorenzo, tradizionale fiera a Tigliole; a Castell'Alfero feste patronali a settembre, con mostre di pittura e rassegna di poesie dialettale, incontri di tamburello e danze. A Montafia fiera primaverile.

Strada del vino Astesana ..Quando si esce ad Asti dall'autostrada oppure dalla stazione ferroviaria, si entra in Astesana, una terra molto antica, con decine di castelli a testimonianza di tante piccole capitali e di tante casate illustri. Il Monferrato è a nord del Tanaro oppure verso est (in provincia di Alessandria), il Roero è ad ovest, verso sud-ovest iniziano le Langhe. Astesana è la parte più feconda della provincia di Asti, con oltre 50 paesi e città, a piccola e pochissima distanza (mediamente da 3 a 5 Km) tra di loro, un invito alle passegiate. Da sola questa terra produce un terzo del vino piemontese, vi trionfano la Barbera e gli aromatici Moscato e Brachetto; qui è nato lo spumante italiano; qui si producono grappe straordinarie e l'unico formaggio caprino doc italiano, ortaggi da leggenda e i tartufi più profumati del Piemonte. La Strada del Vino ha preso il vecchio nome di Astesana e lo ha messo a tutela di otto percorsi, tutti condotti attraverso strade secondarie e tranquille, grandemente panoramiche, sulla cresta delle colline, che qui chiamano "le colline della qualità". Oltre 300 sono le cantine in gran parte private, alcune cooperative, aperte alla visita, alla degustazione, all'acquisto. In questi paesi sempre caratterizzati da un castello o una torre, da chiese imponenti o timidamente affacciate sugli incroci delle stradine di campagna, la maggiore sorpresa per il visitatore è data dalla gastronomia, soprattutto nei ristoranti ma anche nei negozi di alimentari. Sono oltre cento i piatti astigiani codificati dalla tradizione secolare, una gamma che non ha paragone in altre regioni: non si corre il rischio della monotonia in questa zona che registra oltre 20 mila posti a tavola tra ristoranti e agriturismi. Un eccezionale sistema di accoglienza per il turista del gusto, con decine di appuntamenti festosi in ogni mese e tante proposte di soggiorno, dall'agriturismo di qualità ai piccoli alberghi.

Strada del vino dell'Alto Monferrato..L'Alto Monferrato, terra collinare e montana di frontiera tra il Piemonte e la Liguria, è stato attraversato dalla storia e ne ha raccolto le testimonianze. Oggi questo territorio si è organizzato per un'iniziativa pioneristica di programmazione per un turismo qualificato e selettivo, puntando sul richiamo del gusto. E' un programma che vede in collaborazione le istituzioni e gli operatori economici, in una bella esperienza di integrazione tra i vari settori produttivi e il sistema di accoglienza. E' la prima moderna Strada del Vino del Piemonte, pensata e gestita come un'impresa di interesse collettivo, con impegni, controlli, animazione, spirito di accoglienza. Al visitatore curioso e attento l'Alto Monferrato offre tanti prodotti tipici, dai vini più celebri alle piccole specialità ancora da scoprire, un'insieme di paesaggi diversi che appassionano gli amanti della natura, una altissima concentrazione di castelli e di edifici storici, un'ambiente amichevole e sereno per una vacanza o un breve soggiorno, tanti curiosi appuntamenti di cultura, folclore, gastronomia tradizionale, musica, rievocazione storica, enologia.

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